163.752,80 euro riconosciuti
in appello per un caso di malasanità
163.752,80 euro riconosciuti in appello per un caso di malasanità
La sentenza della Corte di Appello di Roma relativa a un caso di malasanità patrocinato dal nostro studio è molto interessante.
Per diversi motivi.
Il primo in quanto è indicativa della giusta maniera di procedere da parte del danneggiato in un momento certamente critico.
Il procedimento di primo grado, infatti, non era andato certamente bene perché, a causa di un medico nominato dal Tribunale, giudice di primo grado, quale proprio consulente tecnico di ufficio, non vi era stato il corretto risarcimento del grave danno subito.
Questo, in particolare, era susseguente a una, peraltro del tutto ordinaria, operazione laser agli occhi purtroppo male eseguita. A fronte dell’imponente danno residuato, la danneggiata era stata risarcita con l’insignificante somma di euro 20.000.
La danneggiata, però, ha continuato ad avere fiducia nel nostro Studio e ha seguito le nostre indicazioni accettando il rischio di andare in appello.
Certamente, quando una causa si perde o non va come dovrebbe andare, il rapporto di fiducia tra l’avvocato e il danneggiato può essere in difficoltà. Il più delle volte, però, l’avvocato ha operato bene -diversamente dai medici della questione- ed è del tutto incolpevole perché le sentenze le scrivono non gli Avvocati ma i Giudici. Qualche volta, come in questo caso, male. Il Tribunale, infatti, è stato sconfessato dalla Corte d’Appello che ha riconosciuto un, certamente maggior danno, di euro 163.000 752,80.
Il secondo aspetto molto importante però più tecnico della questione è quello relativo alla possibilità di avere a volte anche nel procedimento di primo grado, una rinnovazione della CTU, consulenza tecnica d’ufficio.
Poi sono presenti tutti degli ulteriori aspetti particolari, soprattutto di natura tecnica in tema di responsabilità dell’attività medico-chirurgica.
Per ultimo, il provvedimento è, secondo noi, particolarmente importante perché conferma quanto da noi da sempre sostenuto.
In particolare, perché non sia strategicamente sicuro, per avere il risarcimento del danno, costituirsi parte civile nel processo penale e sia meno rischioso agire direttamente in sede civile.
La Corte d’Appello, infatti, spiega come nel processo civile vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del più probabile che non, mentre, nel processo penale vige la regola della prova oltre il ragionevole dubbio.
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